11 marzo 2011

Che sorpresa, è Quaresima ma l'Italia non se n'e accorta


Vorrei dare una notizia in esclusiva: ieri (mercoledì) è iniziata la Quaresi­ma. Lo dico perché nessun giorna­le e nessuna Tv ha riservato alla vicenda la benché minima atten­zione. Il mercoledì delle Ceneri è passato via inosservato, fra gli avanzi del Carnevale grasso, le ul­time feste di Venezia e le ricadute di polemiche scatenate attorno al­la festa della donna. Per carità: momento importante l’8 marzo. Ma di tutte le pagine ricoperte di mimose, fra tutte le iniziative in rosa, e le quote rosa, le ricorrenze rosa e i palazzi illuminati di rosa, possibile che non ci sia uno spa­zietto viola per ricordare che oggi inizia il tempo più importante per i cristiani? Scommetto che se oggi fosse co­minciato il Ramadan avremmo già stampato titoli a caratteri cubi­tali. Succede ogni volta: cinque­mila a Vicenza per il Ramadan, diecimila a Milano per il Rama­dan, e giù a raccogliere opinioni degli esperti per dire come ci si comporta durante il Ramadan, quali sono le regole del Rama­dan, com’è bello fare il Ramadan.
Persino alcuni vescovi a volte sembra che s’emozionino più per il Ramadan che per la Quaresima: si sa, è più facile ottenere un titolo su Repubblica inchinandosi ai fe­deli musulmani, magari propo­nendo una moschea in ogni quar­tiere, che celebrando il consueto cristiano rito delle Ceneri… E allora, però, è abbastanza inu­tile lamentarsi dell’Eurabia, cita­re le profezie di Oriana Fallaci, spaventarsi per l’arrivo delle mas­se di immigrati dal Nord Africa e per il conseguente «suicidio del­l’Europa», come ha fatto ieri il Cor­riere con un sentito editoriale di Piero Ostellino, se poi non ci si ac­corge nemmeno che in tutto il re­sto del giornale (e dei giornali) non c’è una riga per ricordare che sta accadendo qualcosa di impor­tante per i cristiani. È inutile per­ché non si può vincere la sfida con l’islam cancellando la nostra me­moria, le nostre tradizioni, la no­stra fede. Chi perde le proprie ra­dici rischia di essere spazzato via anche da un venticello, figuriamo­ci da una bufera come quella che si è sollevata in terra araba. Ma in fondo noi quella sfida l’abbiamo già persa. Abbiamo perso perché sappiamo tutto del­le celebrazioni del venerdì in mo­schea e nulla delle Ceneri. Abbia­mo perso perché nella preghiera laica del mattino, che sono i gior­nali, citiamo i carri di Viareggio e le arance di Ivrea, ma non sappia­mo più perché esiste una festa che si chiama Carnevale. Abbia­mo perso perché se domani, che è il primo venerdì di quaresima, nelle mense scolastiche serviran­no prosciutto e bistecca nessuno avrà nulla da dire. E magari sono gli stessi che giustamente si scan­dalizzano se, per errore, sul tavo­lo di un musulmano finisce un tocco di maiale…Ci tornano in mente le parole della Fallaci perché abbiamo pau­ra. E abbiamo paura perché non sappiamo più chi siamo, mentre gli islamici lo sanno benissimo e sono così orgogliosi della loro fe­de e del loro passato da difender­lo anche in terra straniera. Noi, la nostra fede e il nostro passato, non sappiamo più raccontarlo nemmeno negli oratori, dove si celebra solennemente il multicul­turalismo, ma ci si dimentica di spiegare il significato delle Cene­ri. Se ieri fossimo andati in giro per le città a chiedere: «Che giorno è og­gi?», avremmo avu­to molte risposte: «Il giorno dopo la festa della donna», «il giorno dopo il martedì grasso», «il 9 marzo», «il giorno in cui si ri­torna a scuola», «il giorno in cui ap­passiscono le mi­mose», «il giorno della Champions League». Tutto ve­ro, tutto esatto. E le Ceneri? Chi lo sa. Ormai persino la giornata interna­zionale della len­tezza, la giornata mondiale senza ta­bacco e la giornata internazionale sul­la protezione della fascia di ozono stratosferico han­no più visibilità dell’inizio della Quaresima. Sarà forse una giustificazione il fatto che buona parte delle grandi aziende editoriali hanno sede a Milano? Per la grande stampa e per le Tv il tempo della penitenza potrebbe cominciare domenica, secondo il rito ambrosiano? Mac­ché: domenica ci saranno gli ulti­mi riti della settimana bianca, co­minceranno le cerimonie laiche della primavera, il Fai che apre i giardini e le ville e altre interessan­ti attività. La Quaresima no, quel­la l’abbiamo cacciata via. Non se ne parla, è tabù, forse perché la ri­teniamo troppo tri­ste da inserire nel­la nostra vita, un’overdose di sa­crifici che non ci vuole in mezzo a giorni che sembra­no ormai quasi tut­ti quaresimali. Ed invece sbagliamo. Sbagliamo perché, come ha scritto l’ Avvenire ieri, la Quaresima è sem­pre meno il rito del­la malinconia, e sempre più è il rito dell’ironia, che «sorride in faccia ai gufi della storia». Lo si voglia o no: «Non è più una tesi filosofica, ce lo si legge proprio ad­dosso». Basta guar­darsi intorno. Pro­prio perché i tempi sono già così cupi, proprio perché siamo di fronte a un mondo che crolla, proprio per­ché la vita già ci sembra una serie di infinite quaresime, non c’è al­tra strada che sperare nella Quare­sima. Quella vera. Che, se non al­tro, a differenza delle tante quare­sime quotidiane, dà un senso ai sacrifici, portando con sé la spe­ranza della Pasqua.

(di Mario Giordano- tratto da "Il Giornale")

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