14 gennaio 2011

Bio testamenti comunali, un flop annunciato

Quanti sono i testamenti biologici depositati presso gli uffici comunali in giro per il nostro Paese? Una prima fonte di riferimento è la cartina dell’Italia compilata dall’Associazione radicale Luca Coscioni, con i Comuni che gestiscono i registri, le raccolte firme in corso, le delibere in fase di discussione. Un ginepraio in cui risulta difficile tenere il passo dei cambiamenti e delle novità, tanto che facendo una semplice verifica telefonica con i Comuni – ad esempio quello di Piacenza – si scopre che lo stesso sito dei Radicali non è aggiornato (e che il registro, alla fine, non è stato attivato). In ogni caso, sentendo le amministrazioni promotrici dei registri da Nord a Sud, emerge un quadro con regole diverse in ciascuna realtà, accomunate però da un’adesione alquanto bassa.
Discorso bloccato per quanto riguarda Torino, nonostante l’approvazione in giunta a novembre. «Il registro non è ancora attivo – spiega Giovanni Maria Ferraris, assessore ai Servizi civici – dopo la circolare interministeriale che stoppa i testamenti biologici e la risposta critica dell’Anci, la giunta ha deciso di sospendere l’applicazione della delibera, in attesa di un approfondimento giuridico». A Cagliari e provincia (oltre 560 mila abitanti, un terzo dei sardi), spiega Angela Quaquero, assessore provinciale alle Politiche sociali, si sono avvalsi di quest’opportunità «una cinquantina di persone, in genere motivate e preparate. Non è un bisogno di massa, certo, ma un diritto in più». A Genova (oltre 600 mila abitanti) il Comune da novembre 2009 ha raccolto circa 170 testamenti. «All’inizio erano in tanti a interessarsi, poi il flusso si è stabilizzato», racconta Romani, dell’ufficio competente. A Calenzano (16 mila abitanti), in provincia di Firenze, Alessandro Landi, responsabile ai servizi demografici, spiega che dopo la circolare ministeriale «non proponiamo più un modello prestampato di testamento, come facevamo prima. Continuiamo però a tenere un registro su cui annotiamo le dichiarazioni di chi ha fatto i testamenti, ma non li custodiamo né conosciamo il contenuto». Da luglio 2009 ne hanno raccolti circa 50.
La recente circolare dei ministri Sacconi, Maroni e Fazio ha fatto per ora archiviare il registro a Cattolica (Forlì-Cesena), dov’era stato istituito il 1° ottobre 2010. «In due mesi, comunque, non avevamo avuto nessuna richiesta, tranne una domanda di informazioni da parte di un signore insieme alla madre», racconta Stefania Gianoli, responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico. Allo stesso modo, il Comune di Palermo fa sapere che «non si è dotato di un registro dei testamenti, anche in considerazione dei contenuti della nota».
Testamento biologico «congelato» anche a Bologna, dove secondo il commissario Cancellieri è meglio occuparsi di cose più «urgenti».
In alcuni altri Comuni di dimensioni medie e piccole i testamenti biologici realmente attivati sono mosche bianche. È il caso di Alba (provincia di Cuneo, 31 mila abitanti), dove da marzo 2010 «abbiamo raccolto solo due dichiarazioni», dice per il Comune Bruna Vero. A Barile (Potenza), unico Comune della Basilicata ad aver lanciato il registro, Mario Giuliano confida che da giugno 2009 «solo tre persone ci hanno portato il testamento. Quasi me ne vergogno».
Una ventina le dichiarazioni anticipate di volontà raccolte dal maggio 2010 dal Comune di Arezzo (100 mila abitanti). Più consistenti i numeri di Roma, dove i testamenti vengono raccolti dai Municipi X e XI sono rispettivamente 900 (da aprile 2009) e 200 (da ottobre 2009), ma per una popolazione urbana di oltre due milioni e mezzo di abitanti.
«Vincoliamo la dichiarazione di fine vita a un atto notorio sostitutivo, per garantire la copertura giuridica», dice Sandro Medici, presidente del Municipio X. «Già due persone ce li hanno richiesti, per farli valere davanti al proprio medico». Peccato che, in assenza di una legge nazionale, non valgano nulla.
(di Fabrizio Alessandri- tratto da "Avvenire")

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