02 dicembre 2010

Ho scritto al Presidente Napolitano per il suo commento sul suicidio di Monicelli

Il grado di libertà dell'atto di volontà con cui una persona si dà la morte non è misurabile, a meno che questa persona non sopravviva al suo gesto e si possa analizzare la situazione a posteriori. Ma se ciò non avviene, se l'atto suicida riesce, nessuno può arrogarsi il diritto di interpretare quel gesto: su quale base, se lui non era nemmeno presente al momento del dramma? Sarebbe meglio, molto meglio tacere. E se proprio si vuole parlare, sarebbe più opportuno porre domande sulla solitudine in cui quella persona è stata lasciata. La struttura sanitaria in cui era ricoverato esce assolta da quello che è accaduto? Pertanto, le parole del Presidente della Repubblica sono suonate come una giustificazione del suicidio e una assoluzione a priori di eventuali manchevolezze della struttura sanitaria.
Non posso rispettare l'azione compiuta da Monicelli, e non posso condividere la posizione di chi, come il Presidente della Repubblica, invoca tale rispetto, perché non credo affatto che il suo sia stato un gesto libero. Credo che una presenza affettuosa al suo fianco avrebbe potuto prevenire quel gesto. E anche perché tale rispetto può essere interpretato come giustificazione, e perciò come incoraggiamento al suicidio nei riguardi delle persone che si trovano in condizioni di difficoltà e di dolore. Il messaggio che dobbiamo mandare a tutte queste persone è la vicinanza, la solidarietà, la fraternità e il senso del nostro apprezzamento per la loro vita e la loro persona come cose preziose. Non un astratto rispetto che di fatto sminuisce il valore della vita umana.
(di Rodolfo Casadei- tratto da "Tempi" del 1/12/2010)

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