29 dicembre 2010

Death Panels


Domandiamoci senza pregiudizi che cosa significhi introdurre per regolamento l’uso di pagare i medici di stato affinché abbiano ogni anno un colloquio con i vecchi pazienti del programma americano Medicare, sul tema del come morire, del come rifiutare terapie di sostegno vitale indesiderate. Che vuol dire questo testamento in vita, sulla vita, consegnato al confessionale della sanità pubblica?
Gli avversari di Barack Obama dicono: death panels, comitati della morte. C’è enfasi in questo, e c’è in questo accento forte il dramma politico che ha portato alla eliminazione di questi protocolli dalla legge di riforma del sistema sanitario, per riproporli dal primo gennaio via regolamento, a sorpresa, a tradimento. Gente in buona fede, anche cattolici come Martini e Verzé e le ribelli suore americane, gente che arde di zelo per un compromesso apostolico con i tempi, pensa così: la medicina ha preso un posto ingente nella vita d’oggi, l’età media si è allungata, esiste un problema sociale, quello del protrarsi inutile delle cure o addirittura di accanimenti non desiderati, e bisogna risolverlo come si può, consacrando l’autonomia personale, l’autodeterminazione degli individui di fronte alla fine della loro vita, insomma il diritto di morire.
Qualche elemento di verità in questo modo di ragionare c’è, naturalmente. Siamo diversamente esposti, rispetto a tempi in cui il bios era un fondo di bottiglia misterioso, alla scienza medica, nel bene e nel male. E la libertà di determinarsi come si vuole ha fatto tali progressi che per molti, forse grandi maggioranze, è impensabile cederne anche solo una quota all’idea astratta, metafisica, che siamo una creatura umana, un intoccabile costrutto di anima e corpo che per la vita e per la morte dipende da Dio o da un rapporto insondabile con l’essere delle cose e della persona. Dipende cioè da una relazione che può essere interrotta in forza della nostra volontà privata, in un abbandono fiducioso nella zona grigia tra vita e non vita, ma che è irriducibile, in termini di diritto, di legge, di regolamento pubblico, alla decisione sovrana di ciascuno di noi o, peggio, della comunità che decide per noi sulla questione fatale del nulla.
Nel secolo scorso si era creduto che la battaglia finale sarebbe stata tra comunisti ed ex comunisti, lo diceva il vecchio e saggio scrittore Ignazio Silone. Invece con il nuovo secolo è sempre più chiaro che la resa dei conti sarà tra un secolarismo della specie più pervasiva e un cristianesimo eviscerato della sua virtualità normativa, privato della sua influenza sociale e politica e civile. Quel medico di un leader a suo modo cristiano come Obama che ogni anno, per regolamento, parlerà con milioni di vecchi americani di ogni ceppo, ispanici, neri, wasp, caraibici, polacchi, italiani, irlandesi e così via, è l’Ersatz, il sostituto sociologico e spirituale del prete confessore, e la nuova religione secolarista, religione culturale e ideologica senza rivelazione e senza la talare ma con un suo clero in càmice molto incisivo, questa nuova religione è la medicina federale: ti obbliga ad assicurarti ma al tempo stesso ti chiede di liberarti senza tante storie della tua vita calante per risparmiare sui costi inutili della salute pubblica, e ti confonde nella testa le due nozioni di salute e salvezza, bene e benessere. Con il pretesto libertario della tua autodeterminazione.
(di Giuliano Ferrara- tratto da "Il Foglio" del 28/12/2010)

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