20 ottobre 2010

Se il figlio è un prodotto


Dopo l'incredibile storia dell'embrione spedito con corriere espresso dagli Usa all'India per essere impiantato in una madre surrogata, eccone un'altra sconcertante: una coppia canadese che affitta un utero, ma poi impone alla donna che porta in grembo il loro embrione di abortire perché le analisi mostrano che il bimbo ha la sindrome di Down. Da Avvenire del 14 ottobre 2010. L’ultima notizia sconcertante in tema di uteri in affitto arriva dal Canada. Un uomo e una donna si trovano a dover affrontare una battaglia contro la madre surrogata che sta portando in grembo il figlio concepito in vitro con i loro gameti, a causa del rifiuto della gestante di abortire. La richiesta di interrompere la gravidanza è arrivata dalla coppia canadese una volta che gli esami hanno evidenziato che il bambino è affetto dalla sindrome di Down. La legge canadese prevede la possibilità della maternità surrogata nei casi in cui non vi sia una ricompensa in denaro per la donna che porta avanti la gravidanza, ma in questo caso il motivo della disputa legale è costituito dal contratto stipulato tra quest’ultima e la coppia. Il dottor Ken Seethram, che lavora presso la clinica di Vancouver che ha seguito l’iter medico della coppia, ha infatti rivelato che esiste un accordo scritto secondo il quale, nel caso in cui la madre surrogata si rifiutasse di abortire, la coppia non avrebbe alcun tipo di responsabilità nei confronti del figlio. Giuristi, medici ed esperti di bioetica si interrogano adesso sulla validità di quell’accordo e su quale sia la strada per tutelare i soggetti coinvolti. Lo stesso dottor Seethram ha posto l’accento sul fatto che contratti di questo tipo rischiano di impedire una scelta libera e consapevole da parte della madre surrogata. Secondo Juliet Guichon, bioeticista dell’Università di Calgary, i genitori non possono rifiutarsi di prendere in carico il bambino. Il contratto non avrebbe alcun valore poiché le norme che riguardano gli accordi tra due o più persone non si possono applicare in materia di maternità surrogata a meno di non ledere la sacralità della vita umana. “Non si può dire – ha aggiunto Guichon – ‘Oh oh, c’è un difetto’ ed interrompere la gravidanza”, rischiando così di confondere la produzione con la riproduzione. Dello stesso avviso è la professoressa Francoise Baylis, della Dalhousie University, secondo la quale il figlio è visto dalla coppia come un prodotto e, nel caso specifico, “un prodotto difettoso”. Sally Rhoads, della Surrogacy in Canada Online, che garantisce assistenza e supporto a chi decide di utilizzare la maternità surrogata, sostiene invece che sono i genitori a dover essere tutelati: “Il bambino è il loro bambino, perché dovrebbero essere costretti a crescere un figlio che non vogliono?”, si è chiesta Rhoads. Domande che necessitano di una risposta per un fenomeno, quello degli uteri in affitto, sempre più diffuso in Canada.
(di Lorenzo Schoepflin)

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