05 settembre 2010

La gerarchia del moralismo

Sono tempi duri per i moralisti editoriali in servizio permanente effettivo.
Oltre alle vicende del patron di Repubblica Carlo De Benedetti – e oltre alla storia della multa per insider trading combinata ad alcuni azionisti di una ex società del gruppo di CDB – su alcuni giornali come il Fatto Quotidiano ieri è stato nuovamente descritto il presunto conflitto di interessi di Corrado Passera, relativo a un prestito concesso con motivazioni assai dubbie a una impresa alberghiera di famiglia (poi dirottato nell’acquisto di una società finanziaria a Madeira). Si tratta naturalmente di piccole cose, tanto piccole che vengono presentate dalla stampa tutt’al più come ombre o come pecche. Certo, sarebbe interessante censire le classificazioni operate dai diversi organi di stampa per presunti reati più o meno analoghi. Si scoprirebbe, per esempio, che quelli attribuiti a Denis Verdini – nostro partner editoriale, è sempre bene ricordarlo – hanno il marchio indelebile e vergognoso della “cricca”. Altri, come le vecchie scalate editoriali dei “furbetti” senza protettori nel sistema bancocentrico, diventano “crimini finanziari”. E quando sotto il maglio del moralismo finiscono i CDB e i Passera? Al massimo la vicenda “fa specie”. Giornali e giornalisti sono naturalmente liberi di usare i sostantivi e gli aggettivi che preferiscono, e si può capire che usino una certa circospezione quando si tratta dei loro editori o simili (e chi non l’ha fatto mai?); ma allo stesso tempo è difficile che i lettori non si siano fatti un’idea piuttosto malinconica di certe classificazioni.

(tratto da "Il Foglio" del 3/09/2010)

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